REWRITING PAIN.

“Sometimes we refuse to heal, as pain is the last link to what we have lost.”

Years ago, when I was writing my first book of poems, to anyone who asked me about the reason and motivation to compose my poetic lines, I answered without hesitation: suffering, the pain of living. There are some people, very often artists, who feed on this lifeblood. They are convinced that nothing good or valuable can be created without this thing running through their veins. They look for it everywhere, and if they do not find it on the outer world, they resort to toxic behaviours, even involuntary, to recreate the adrenaline sensation triggered by their inner pain. Over time, I have learned to put this pain inside a bottle. From my desk, I often look at it there begging me to come out, to overflow and overwhelm me, but I have signed an armistice with pain. It took months for me to write down this piece. During this time, like a reptile, I shed my skin several times, and now I realize I have written some of the best things during my healing process. Pain is a cure for the soul only if you undertake a path to salvation, using the pieces scattered all over your inner floor to complete the puzzle of your intimacy. Each one of us according to their own times, their personal relapses and the awareness that is possible to leave the pain behind and find comfort elsewhere. Some time ago I wrote that being sick was the only home that always welcomed me. When I finally had the courage to walk through the door, I discovered an inner and outer world which, although crooked, has led me to where I am now: on a constant journey, and that's where we often find ourselves. Today I’m not everything I’d like to be, but It’s definitely more than yesterday, and while I’m still learning, I often remind myself the lines from one of my favourite poets, Patrizia Cavalli:

"Poco di me ricordo io che a me sempre ho pensato. Mi scompaio come l’oggetto troppo a lungo guardato. Ritornerò a dire la mia luminosa scomparsa”.

Meet the Author

Poet and journalist, Cristina Tedde began writing during her adolescence, using words as an introspective cure and comfortable shelter. She writes mostly about art and culture, through graceful and meaningful eyes. In 2018 she published her first book of poems, "Sangue nel vento", by Giulio Perrone Editore group, followed by a series of collaborations for further poetic and non-poetic projects. One of her stories, about pain, will be included in an anthology to be released in November, published by Perrone group.

ITALIANO

A volte non vogliamo guarire, perché il dolore è l'ultimo collegamento con ciò che abbiamo perso.

Anni fa, scrivendo il mio primo libro di poesie, a chiunque mi chiedesse cosa mi spronasse a comporre versi, rispondevo senza esitazioni: la sofferenza, il male di vivere.

Vi sono persone, molto spesso gli artisti, che si nutrono di questa linfa vitale. Si convincono che senza questa sostanza che scorre nelle loro vene, non si possa creare nulla di buono, di valido.

Lo cercano ovunque, e se all'esterno non lo trovano, creano modalità tossiche persino involontarie per ricreare quella sensazione adrenalinica che il dolore interiore scatena.

Col tempo, ho imparato a riporre questo dolore all'interno di una bottiglia.

Dalla mia scrivania, spesso lo osservo lì che mi implora di uscire, di venir fuori e di sopraffarmi.

Sono ora, in una fase di pacificazione col dolore. Per scrivere questo pezzo ho impiegato mesi, in cui come un rettile ho cambiato pelle più volte e ad ora, mi ritrovo ad aver scritto alcune tra le mie cose più belle, in fase di guarigione.

Il dolore è curativo per l'anima, solo se si intraprende un percorso di “salvezza..

Se dai cocci sparsi sul pavimento interiore, si ricompone il puzzle della nostra intimità.

Ognuno coi suoi tempi, con le proprie personali ricadute, con la consapevolezza che si possa lasciare per strada il dolore e trovare conforto altrove.

Scrissi tempo fa, che lo star male era l'unica casa che mi accoglieva sempre.

Quando ho avuto il coraggio di varcare la soglia, ho scoperto un mondo fuori ed in primis in me, che seppur tortuoso, mi ha portato dove sono ora: in costante cammino.

Ed è lì che spesso, ci si ritrova.

Non sono ad oggi, tutto quello che voglio essere, ma sono molto più di quello che ero, e sto ancora imparando.

Quasi come una preghiera, mi ripeto spesso i versi di una poetessa che amo, Patrizia Cavalli:

"Poco di me ricordo

io che a me sempre ho pensato.

Mi scompaio come l’oggetto

troppo a lungo guardato.

Ritornerò a dire

la mia luminosa scomparsa”

Sull’Autore

Poeta e giornalista, Cristina Tedde inizia a scrivere durante l'adolescenza, utilizzando le parole come cura introspettiva e confortevole rifugio. Scrive principalmente di arte e cultura, attraverso uno sguardo gentile e denso di significati. Nel 2018 pubblica il suo primo libro di poesie, “Sangue nel vento”, per il gruppo Giulio Perrone Editore, a cui seguono una serie di collaborazioni per ulteriori progetti poetici e non.

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FINDING ORDER IN CHAOS. THE NEED FOR RITUALS.